La mia vita in miniera

di Serafino Leo

(marzo 2004)

(da Il Provinciale del 1 aprile 2004)

Edizioni Fiore - 190 pagine, formato A4, Euro 15
Serafino Leo ci riprova. Era il gennaio del 1997 quando usciva il libro “Sa vida mia in sa mena”. Il libro interamente scritto in sardo campidanese raccontava le esperienze di un uomo vissute in miniera. La stesura in lingua sarda, per alcuni accattivante, ne ha limitato la divulgazione alla sola zona in cui quella lingua si interpretava come materna. Ora il libro si ripropone nella sua versione italiana, certamente di lettura più comoda e che amplia notevolmente l’ambito di diffusione. Rimangono comunque espressioni e ritmi tipici della parlata nostrana che sarebbe stato impossibile eliminare senza il rischio di appiattire e quindi spersonalizzare il raccontare dell’autore.
Vale ricordare alcuni tratti del percorso di vita dell’autore guspinese.
Serafino Leo nasce ad Arbus l’otto gennaio del 1935. Nell’immediato dopoguerra, ad appena dieci anni, comincia a guadagnarsi la vita facendo il pastore. Dopo due anni, nella Caserma dei Carabinieri di Montevecchio fa un po’ di tutto. In seguito, intorno ai quindici anni, vive l’esperienza dell’aiutante muratore. Alla fine del 1956 Leo lascia la Sardegna per fare il militare. Dopo il C.A.R. a Viterbo va a Pisa e poi a Livorno dove fa parte del glorioso battaglione “Folgore” dei paracadutisti. Sono passati due anni e Leo rientra a Guspini dove non trovando una occupazione fissa si adatta a fare un po’ di tutto pur di guadagnarsi il necessario per la sua indipendenza economica. Dal matrimonio con Angelina Cadeddu ha avuto cinque figli.
Il 30 maggio 1960, con grande soddisfazione, entra nella “Montevecchio”, ovvero in miniera (in sa mena), un lavoro duro ma che lui affronta con determinazione affermando, ancora una volta, quel carattere risoluto che ancora lo contraddistingue.
Con “La mia vita in miniera a Montevecchio” Serafino Leo vuole rafforzare e portare ad un più vasto pubblico la storia di un mondo e di un tempo che sarebbe criminoso non ricordare. In tutti i comuni che rientravano nel bacino minerario esistono altre testimonianze (libri, film) che raccontano storie di uomini e donne di miniera, di sacrifici, di lotte, d’amore e di spirito di abnegazione che hanno caratterizzato una lunga parentesi della storia mineraria del territorio. Il libro di Leo racconta però la storia e le storie vissute in prima persona e in cui molti, soprattutto operai come lui, possono identificarsi. Il libro di Leo, che non ha grandi pretese letterarie, narra una storia vera, la sua ma anche di tanti altri che non sono riusciti, come lui, ad impugnare uno strumento leggero come la penna dopo avere abbandonato il pesante piccone.
Storia vera quindi quella di Leo, e tuttavia egli non vuole essere creduto per fede e nel libro riporta una notevole quantità di immagini e documenti che accertano il divenire e arricchiscono notevolmente l’esposizione dei fatti.

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